TALASSEMIA E ANEMIA FALCIFORME,A PAVIA E UNA NUOVA STRATEGIA TERAPEUTICA
Al policlinico San Matteo è stata sperimentata una tecnica avanzata chiamata Casgevy che agisce attraverso l’editing genetico delle cellule staminali ematopoietiche delle pazienti
Raccolta delle cellule staminali del paziente tramite aferesi, editing genetico, chemioterapia mieloablativa e reinfusione delle cellule corrette. È la procedura di “Casgevy”, la nuova terapia genica avanzata che è stata adottata recentemente al policlinico San Matteo di Pavia per la cura di due giovani affette da forme gravi di β-talassemia e anemia falciforme.
Si tratta di emoglobinopatie ereditarie causate da mutazioni del gene della β-globina. «Il difetto nella produzione delle catene β dell’emoglobina determina un’anemia cronica grave, che per la sopravvivenza richiede trasfusioni di globuli rossi concentrati ogni 2-4 settimane per tutta la vita – spiega Marco Zecca, direttore SC Oncoematologia pediatrica del San Matteo – Questo comporta, inevitabilmente, un sovraccarico di ferro, con conseguenti danni irreversibili a carico di cuore, fegato e apparato endocrino».
Nell’anemia falciforme, invece, una mutazione puntiforme provoca la produzione di emoglobina S (HbS, da sickle, cioè “falce” in inglese). «In condizioni di scarsità di ossigeno, oppure per il freddo, la disidratazione o lo stress, questa emoglobina polimerizza e precipita, deformando i globuli rossi in una forma a falce – prosegue – Queste cellule alterate provocano fenomeni vaso-occlusivi, dolore acuto e cronico e danni d’organo multipli, inclusi infarti ossei, eventi ischemici cerebrali e crisi dolorose ricorrenti».
Casgevy agisce attraverso un approccio innovativo di editing genetico ex vivo delle cellule staminali ematopoietiche autologhe, volto a riattivare la produzione di emoglobina fetale (HbF), capace di compensare efficacemente il difetto genetico. Il processo terapeutico prevede la raccolta delle cellule staminali del paziente tramite aferesi, il loro editing genetico effettuato dall’azienda farmaceutica, una fase di chemioterapia mieloablativa e infine la reinfusione delle cellule corrette. «La raccolta delle cellule staminali emopoietiche è stata particolarmente sfidante e complessa – ha dichiarato Cesare Perotti, direttore del Servizio Immunotrasfusionale del San Matteo – soprattutto per la paziente con anemia falciforme, perché sono state necessarie diverse procedure per raggiungere il numero di cellule staminali autologhe necessario».
Fondamentali in questo percorso si sono rivelati, appunto, il supporto del SIMT (il Servizio di immunoematologia e medicina trasfusionale), della Farmacia Ospedaliera, nonché il lavoro del gruppo multidisciplinare appositamente costituito, che ha permesso di raccogliere l’elevatissimo numero di cellule staminali richiesto (oltre un miliardo e 500 milioni di cellule staminali emopoietiche per ciascun paziente).
